Attualità

Tragedia Moby Prince, "per non dimenticare"

Oggi si sono svolte le iniziative per commemorare le 140 vittime della tragedia. Tutti chiedono verità e giustizia per quanto accaduto

Sono trascorsi 34 anni dalla più grande tragedia della marineria civile italiana, ma nessuno dimentica. Proprio per questo ogni anno il 10 aprile Livorno ricorda, con una serie di eventi, l'immane sciagura che ha coinvolto il Moby Prince e che ha cambiato per sempre la città di Livorno.


E così anche quest’anno il Comune di Livorno, con il patrocinio della Camera dei Deputati, della Regione Toscana, della Provincia di Livorno, dell’Associazione “140 Familiari delle Vittime del Moby Prince” e dell’associazione “10 Aprile Vittime del Moby Prince” ha celebrato l’Anniversario, appunto, con cerimonie e iniziative. Alle ore 11, in Fortezza Nuova, sono state deposte le corone presso il Monumento in ricordo delle Vittime, alle ore 12, in Cattedrale si è svolta la Funzione religiosa.

Alle 14,30 a Palazzo Civico, in una Sala Consiliare gremita, dopo il saluto del presidente del Consiglio Comunale Pietro Caruso che ha letto i messaggi del Presidente della Repubblica e del Presidente del Senato, il sindaco Luca Salvetti ha tenuto il suo discorso, dopodichè si sono susseguiti gli interventi del presidente della terza commissione d'inchiesta sul Moby Pietro Pittalis, di Nicola Rosetti presidente del Comitato Moby Prince 140 e di Luchino Chessa presidente del Comitato 10 Aprile e di seguito interventi di amministratori e familiari. 

Alle ore 16,30 da Piazza del Municipio, come di consueto è partito il Corteo che ha raggiunto l’Andana degli Anelli (Porto Mediceo) passando da viale Avvalorati, piazza della Repubblica, via Grande, piazza Micheli, ponte dei Francesi. Alle ore 17 all’Andana degli Anelli è stato deposto il cuscino di rose inviato dal Presidente della Repubblica e della corona di alloro del Comune. Sono stati letti i nomi delle Vittime e il lancio di rose in mare.

“Una chiamata improvvisa, un microfono in mano e la necessità di raccontare da giovane cronista una storia che segnerà definitivamente la mia vita. È il 10 aprile 1991, dopo poche settimane di lavoro in redazione mi trovo sul molo capitaneria, manco dell’esperienza necessaria, non conosco a fondo quello che devo cercare e quello che devo raccontare in Tv. - ha detto Luca Salvetti, sindaco di Livorno
Mi muovo basandomi sull’istinto, la mia cronaca in presa diretta fa un certo effetto, è un misto di frasi slegate, alcune senza senso, frutto dell’incertezza generale su cosa realmente fosse accaduto e dell’incertezza personale. Quella cronaca però ha una forza dirompente, trasmette le sensazioni reali. Nel cuore della notte, dopo oltre tre ore, ci è consentito di salire su un rimorchiatore per uscire in mare a fare alcune riprese, il tragitto è breve: dopo poco cominciamo a scorgere il fuoco intorno all’Agip Abruzzo, la petroliera sta bruciando, il greggio fuoriuscito in mare brucia, sembra di entrare in un girone infernale". 

"Fiamme alte, - ha proseguito Salvetti - equipaggio salvo, rischi ambientali, queste sono le notazioni sul taccuino. Il comandante del rimorchiatore ci dice: “Se volete cercare il traghetto dobbiamo andare a sud”. Percorriamo qualche miglio, è buio, dall’oscurità quasi all'improvviso sbuca la sagoma del Moby Prince, lo scafo è completamente annerito, gli oblò sono dei puntini arancioni, all’interno sta bruciando tutto, non ci sono segni di vita. L’angoscia rende difficile tenere in mano il microfono e parlare davanti alla telecamera. Da quel momento in poi la strage del Moby diventa un elemento nodale della vita e della storia di questa città. Ogni anno la necessità di stringersi intorno alle famiglie delle 140 persone scomparse in quella drammatica notte, il dolore davanti ai luoghi che abbiamo scelto per il ricordo, il monumento in fortezza e la lapide in porto, la celebrazione religiosa e poi qui in questa sala dove per 34 anni abbiamo provato in tanti a tenere alta l’attenzione su la più grande tragedia della marineria civile italiana. Il corteo per le strade della città seguito in silenzio e con commozione, in una sorte di rito collettivo che richiama tutti i cittadini. Insieme a tutto questo il percorso che ha fatto nascere legami forti tra di noi, legami rappresentati da persone come Angelo Chessa scomparso poco tempo fa e da Loris Rispoli che non può essere al nostro fianco così come è stato per trenta anni e che ci manca, eccome se ci manca.
Legami alimentati adesso dalla forza di Nicola Rosetti e Luchino Chessa che ringrazio infinitamente per il peso che hanno saputo caricarsi sulle spalle. Insieme a tutto questo in questi decenni c’è anche il susseguirsi di ricostruzioni alcune talmente fantasiose e improponibile che hanno portato ad arrabbiarci e ad imprecare, i pronunciamenti della magistratura che in più fasi ci hanno lasciato interdetti e amareggiati, il lavoro di tre commissioni parlamentari che a fasi alterne hanno generato speranza, perplessità e poi nuovamente fiducia".


"L’ultima di queste commissioni sta lavorando da due anni e ci siamo sentiti in dovere nei giorni scorsi di andare a Roma per capire bene come procedono questi lavori, consci che è l’ultima possibilità che abbiamo a disposizione per fare un passo in avanti verso la verità. Ringrazio il presidente Pittalis per il trasporto con cui interpreta il suo ruolo ed esorto tutti i parlamentari a metterci l’anima e la testa per ottenere il risultato definitivo”, ha concluso il sindaco.

"Sono qui per dare un'assicurazione ai familiari delle vittime e alle associazioni dei familiari delle vittime che il Parlamento attraverso la commissione d'inchiesta che ho l'onore di presiedere continueràvsenza sosta nel lavoro che ha intrapreso per, mi auguro, definire una volta per tutte le cause che hanno realizzato questa sorta di immane tragedia", ha dichiarato l'onorevole Pietro Pittalis, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del Moby Prince.

"Perché la vicenda - ha proseguito Pittalis - si è prestata a tante interpretazioni", parlando di "una verità giudiziaria che non ha mai accertato responsabilità precise, assoluzioni, archiviazioni, e dunque il Parlamento si è fatto carico, non di sostituirsi all'autorità giudiziaria, di assumere il compito grazie anche allo stimolo, alle richieste al lavoro instancabile dei familiari e delle associazioni dei familiari di non lasciare nulla di intentato".

Anche il presidente della Toscana Eugenio Giani confida e chiede giustizia per la tragedia del Moby Prince. 

“Centoquaranta morti e nessun colpevole” punta l’indice uno striscione. Nessun colpevole a distanza di trentaquattro anni. “Non può finire così – ha detto Giani – e accanto al ricordo e alla preservazione della memoria, su cui la Regione come anche la città di Livorno ci sono sempre state in questi anni e ci saranno anche in futuro, è necessario che i responsabili di quella tragedia vengano fuori. La Regione Toscana è vicina ai familiari delle vittime affinché giustizia sia fatta”. “Verità e giustizia”, scritta gialla su fondo rosso, come gridano al sole le magliette indossate da molti.
“Mi sembra che la commisione parlamentare stia proseguendo – si sofferma Giani, commentando con i giornalisti -. E’ necessario agire perché sulla tragedia del Moby Prince sia fatta chiarezza”. Poi aggiunge: “La Regione fin dall’inizio ha dimostrato una particolare sensibilità perché questa tragedia non fosse dimenticata: nell’armadio della memoria nella biblioteca regionale in piazza dell’Unità a Firenze abbiamo voluto che fosse conservata tutta la documentazione perchè questa vicenda non cadesse nell’oblio. Ora si parla di un museo e la Regione è disponibile a dare un’ulteriore mano”.


Il presidente della Toscana ha partecipato nel pomeriggio al corteo che da piazza del Municipio è arrivato fino al porto mediceo. 

“Mi ha colpito la grande partecipazione, anche di tanti giovani, che si sono stretti in un abbraccio di solidarietà attorno a chi allora perse cari e parenti e la loro empatia con il dolore altrui. Giovani e giovanissimi, i bambini con le rose in mano, il silenzio intonato dalla tromba di un militare, i gonfaloni dei Comuni (anche da fuori Toscana).
Essere qui è importante - ha sottolineato Giani. Dopo il corteo e la cerimonia davanti alla lapide che ricorda le tragedia, l'omaggio alla corona del presidente della Repubblica, la lettura di tutti i nomi delle vittime, la loro età (le più piccole avevano uno e cinque anni) e i territori di provenienza, Giani si è recato sul molo per il lancio delle rose: trentaquattro rose, una per ogni anno trascorso.