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De Falco non molla e accusa i superiori

Ascoltato dai senatori della commissione infrastrutture, il comandante ha denunciato di aver subito vessazioni dopo il naufragio della Concordia

Gregorio De Falco e' l'ufficiale della Capitaneria di Porto di Livorno che la notte della tragedia coordino' gli interventi all'isola del Giglio e intimo' per telefono a Francesco Schettino di tornare sul transatlantico.

Due settimane fa, Il Comando generale della Guardia Costiera lo ha trasferito dai servizi operativi ad un altro incarico di tipo amministrativo, definendo il provvedimento "un normale avvicendamento".  Decisione che De Falco non ha accettato ("e' un peccato per lo Stato" ha dichiarato ai cronisti), scatenando solidarietà e prese di posizione a suo favore a tutti i livelli fino all'audizione in Senato.

"Io non giudico, osservo - ha detto ancora De Falco - il mio trasferimento e' il punto di arrivo di un percorso che assume la connotazione di vessazione. E' una sostituzione con destituzione: nel nuovo incarico di responsabile dell'ufficio studi, il mio apporto non ha alcuna valenza perché, al di la' del nome altisonante, faccio il segretario dell'ammiraglio. I miei atti non hanno alcun rilievo, non ho alcuna responsabilità, non lavoro più".

La commissione del Senato ha ascoltato anche il comandante generale delle Capitanerie di porto, l'ammiraglio Felice Angrisano, che ha replicato alle affermazioni di De Falco parlando di "pretese strumentali che fanno male al Corpo" e sottolineando di aver appreso "delle doglianze di De Falco dalla stampa senza che mai si fosse rivolto ai suoi superiori".

"Può essere un'amministrazione prigioniera della notorietà di un singolo? - ha concluso Angrisano - No, il corpo non può essere prigioniero dei singoli. Le capitanerie di porto sono piene di uomini e donne come De Falco, come quelli che lavorano nelle unità a sud della Sicilia e operano in silenzio in ogni condizione di mare. In dieci anni abbiamo salvato 250.000 persone. Anche loro sono degli eroi".

De Falco non esclude di rassegnare le dimissioni a seguito di questa vicenda.