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Attualità lunedì 11 gennaio 2021 ore 09:07

Aree marine protette, "no alla disinformazione"

Legambiente Arcipelago toscano interviene per chiarire alcuni aspetti: "Aree marine protette e zone di tutela biologica sono strumenti differenti"



MARCIANA MARINA — "L’Area marina protetta e l’abbaglio “locale” della Zone di tutela biologica", si apre così un intervento di Legambiente Arcipelago toscano che vuole precisare alcun aspetti riguardanti le aree marine protette.

"La realtà è il contrario di quanto qualcuno vorrebbe far credere agli elbani, forse supponendo ancora che abbiamo l’anello al naso. - dichiarano da Legambiente - Il dibattito sull’istituzione dell’area marina protetta dell’Arcipelago Toscano si è fortunatamente riacceso, ma dispiace leggere che, a distanza di tanto tempo (1982), rimanga così grande la disinformazione e la confusione su questo strumento e le realtà che già lo applicano, tanto che si leggono sempre più spesso interventi 'interessati' che puntano a disinformare i cittadini".

Secondo l'associazione ambientalista infatti "anche le recenti deliberazioni di alcuni Enti locali sono prive di fondamento normativo e basate su 'sentito dire' che non reggono a verifiche. Ci sentiamo quindi obbligati a proporre questo intervento, forse un po’ lungo ma è necessario leggerlo tutto per evitare di parlare e persino deliberare a vuoto. Recentemente anche i Comuni di Porto Azzurro e Campo nell’Elba hanno fatto, con atti ufficiali, dichiarazioni errate sui possibili pericoli delle aree marine protette per il turismo – che invece è in crescita in praticamente tutte le 30 aree marine protette istituite in Italia – e la pesca, che invece per i pescatori locali si sta rivelando molto più fruttuosa e “sicura” dove ci sono aree marine protette ben gestite".

Legambiente dichiara inoltre che le "aree marine protette (Amp) non precludono la pesca nelle zone C e D (la grande maggioranza per estensione) e per alcuni attrezzi e pesche a volte anche nella zona B, si pesca, e si sono mostrate efficaci per l’incremento di biodiversità e biomassa. Aree marine protette come Torre del Cerrano, in Abruzzo, di Torre Guaceto, in Puglia, e Capraia nell’Arcipelago Toscano hanno sperimentato con successo attività di gestione della pesca, creando nuove opportunità di mercato per la piccola pesca artigianale locale e, nel caso di Capraia, anche di acquacoltura sostenibile".

"In base all’ultimo aggiornamento (D.M. 22/01/2009) nei mari italiani ci sono 12 Zone di Tutela Biologica (Ztb), - aggiungono da Legambiente -  come si può oggi configurare l’Area di tutela biologica delle Ghiaie – Scoglietto - Capo Bianco – istituita all’Elba nel 1971 - che somiglia molto a una zona “Entry no-touch” di una zona A/B di una AMP - e affidata alla Capitaneria di Porto, non al Comune di Portoferraio. Come evidenzia il Comitato Tag Costa Mare, le Zone di Tutela Biologica Ztb sono tratti di mare riconosciuti in base a studi tecnico-scientifici come aree di riproduzione o accrescimento di specie marine di importanza economica, o come aree impoverite da un eccessivo sfruttamento dalle attività di pesca (Dpr 1639/1968)". 

"A differenza delle aree marine protette (Amp), le Ztb rappresentano misure gestionali volte più alla conservazione degli stock ittici di quelle specie che hanno un interesse commerciale, piuttosto che alla conservazione della biodiversità, del capitale naturale e dell’integrità degli ecosistemi marini. Le Ztb non hanno quindi scopi più ampi di conservazione, tutela e gestione sostenibile dell’ecosistema marino".

"Le Ztb - precisano da Legambiente - sono infatti strumenti di regolamentazione non alternative ma complementari alle Aree Marine Protette, come già sottolineato in più occasioni dalla comunità scientifica e dal biologo marino Roberto Danovaro, presidente della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, che qualche giorno fa la prestigiosa piattaforma Expertscape ha definito il miglior scienziato mondiale nella ricerca relativa a mari e oceani per il decennio 2010-2020".

Legambiente inoltre replica alle affermazioni della Commissione Natura e Ambiente della Fondazione Elba (leggi qui l'articolo), dichiarando: "A chi vuole Zone di tutela biologica in contrapposizione all’Area marina protetta 'calata dall’alto', ricordiamo - proseguono da Legambiente - che - al contrario delle Aree marine protette che sono affidate in gestione ai Comuni o, dove c’è, al Parco Nazionale - nel quale cui i sindaci (anche se fanno sempre finta di non saperlo) hanno la metà dei componenti del Consiglio Direttivo e 10 rappresentanti su 11 in Comunità del Parco - le Zone di tutela biologica sono definite dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, senza gestione, e non dai Comuni (che non hanno competenza diretta sulla tutela del mare) come si vorrebbe far credere agli elbani, pensando che abbiamo l’anello al naso. Invece, si continua a presentare le Zone di Tutela Biologica come uno strumento alternativo all‘Area marina protetta e istituito, perimetrato e gestito dai Comuni. Un’affermazione tanto falsa quanto più volte ripetuta, purtroppo anche da sindaci e associazioni".

"Amp e Ztb - proseguono da Legambiente - sono due strumenti differenti che hanno scopi differenti e che, tra l’altro potrebbero anche coesistere. Non a caso nell’Amp di Miramare (Trieste) la Ztb costituisce una zona di protezione esterna. A differenza dell’Area di tutela biologica di Portoferraio, le Ztb sono ormai soprattutto aree di mare aperto, di solito molto ampie, regolamentate legislativamente e istituite dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per salvaguardare e ripopolare le risorse marine in relazione alla necessità di avere una costante presenza di prodotto per una migliore gestione economica della pesca. Per le ZTB non è prevista nessuna forma di gestione locale. Non è prevista, infatti, alcuna politica di valorizzazione dei luoghi e tantomeno di salvaguardia naturalistica per motivi legati alla tutela della biodiversità. Conseguentemente le Ztb non hanno collegamenti con i settori del turismo e della fruizione del mare a fini diportistici e ricreativi. La ricerca scientifica che vi si svolge è finalizzata al miglioramento della produzione ittica e poche sono le opportunità di avere risorse, anche solo per ricerche scientifiche o per mettere una boa".

"Nulla a che vedere quindi con l’istituzione di una Amp, che, invece costituisce uno strumento di pianificazione e programmazione che investe tutta la comunità per migliorare lo sviluppo locale in termini di sostenibilità. Nulla vieta, comunque, se proprio ci si tiene tanto, ad avere una Ztb e che l’Area marina protetta ne possa avere una adiacente, ampia come si addice ormai a questo tipo di strumento, che regoli l’attività di pesca dal bordo esterno dell‘AMP per 3 miglia verso il largo, in modo da creare una “buffer zone“, una zona cuscinetto per le attività di pesca industriale, quello che la legge quadro sulle aree protette n.394/1991 definisce “Aree Contigue“ o che ora vengono chiamate zona D, come a Capraia.

"Con l’approvazione della legge quadro 394/91 sulle Aree Protette, le vecchie Aree di tutela biologica a mare hanno perso qualsiasi valore normativo esclusivo, infatti l’Area di tutela biologica di Pianosa, che ricalcava la fascia di rispetto carcerario a mare, nel 1997 è stata ampliata con un Decreto governativo a un miglio ed è stata affidata immediatamente al Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano (non al Comune di Campo nell’Elba). - specificano da Legambiente - Inoltre, la stessa nuova normativa Regionale sulle aree protette ha eliminato le Aree naturali protette di interesse locale (Anpil) a terra, figuriamoci a mare dove le competenze sono statali ed europee con i Siti di interesse comunitario/Zone speciali di conservazione (Sic – Zsc) che – se attuate e ben gestite - superano e integrano le Aree di tutela biologica".


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