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Sport venerdì 05 novembre 2021 ore 08:23

Quell'All Black che veniva dalla Toscana

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Domani i livornesi Mori e Lucchesi sfideranno la mitica squadra di rugby con quella maglia nera che fu indossata anche da un toscano sempre di Livorno



LIVORNO — I livornesi Gianmarco Lucchesi e Federico Mori domani scenderanno sul campo dell’Olimpico per sfidare i mitici All Blacks, i “Tutti Neri” quasi imbattibili, la nazionale più vincente al mondo.

Da una parte due livornesi in Maglia Azzurra, sicuramente emozionati, sicuramente onorati di disputare insieme ai loro compagni la partita che tutti i giocatori di rugby sognano di giocare.

Dall’altra parte gli All Blacks, la rappresentativa che vanta il maggior numero di giocatori ammessi nella International Rugby Hall of Fame.

Sono più di mille gli atleti che a partire dal 1892 hanno indossato il completo nero con la felce argentata disegnata sul petto.

Tra questi, tanto tempo fa, anche un giovane la cui famiglia era sicuramente di origine toscana, forse addirittura livornese.

Si chiamava Umberto Primo Calcinai, per molti semplicemente Bert, quarto ed ultimo figlio di Giuseppe Vittorio Eugenio Calcinai.

Il padre di Bert evidentemente nutriva fede monarchica, visto che anche per una delle due figlie scelse un nome riconducibile alla famiglia reale italiana, battezzando la bambina Regina Wagherita (Margherita) Italia.

Quando Umberto Primo Calcinai indossò per la prima volta la maglia degli All Blacks non era giovanissimo come oggi lo sono invece gli Azzurri Lucchesi e Mori, aveva trent’anni e fu convocato nel 1922 per giocare una serie di partite nella vicina Australia, nel Nuovo Galles del Sud.

Negli annali della federazione neozelandese Calcinai è l’All Blacks numero 262.

Calcinai fu utilizzato da tallonatore come Gianmarco Lucchesi ma pesava solo 77 chili.

In realtà Bert preferiva giocare nel ruolo di centro oppure in posizione di ala, come Federico Mori.

Esordì a Sidney il 29 luglio del 1922, davanti a diecimila spettatori assiepati nel campo di Showgrounds, sotto un cielo che i giornali dell’epoca descrivono “cloudy and fine”, su un terreno “ground slippery”.

In quell’anno gli All Blacks già danzavano la haka, seppure senza molta intensità emotiva e con una certa dose di goffaggine, come dimostra questo filmato.

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La partita finì 26 a 19 per gli All Blacks ma lui non segnò alcuna meta, così come non ne segnerà nelle partite successive.

In tutto giocò cinque incontri vincendone tre, l’ultimo dei quali contro la formazione Neozelandese Maori per 21 a 14.

Prima della convocazione negli All Blacks Umberto Primo Calcinai aveva rappresentato la squadra del Poneke Football Club nel campionato della Provincia di Wellington e lì tornò a giocare fino all’anno successivo, l’ultimo della sua carriera di giocatore.

A Wellington Umberto Primo Calcinai era nato nel 1892 ed a Wellington Calcinai rimase tutta la vita, fino al giorno della sua morte, avvenuta il 26 luglio 1963.

Non rinunciò mai alla sua passione per il rugby e per la squadra di Poneke, uno dei club più antichi e tradizionali della Wellington Rugby Football Union, di cui è stato anche allenatore.

Calcinai faceva anche l’ingegnere comunale a Wellington e nei verbali di alcuni processi dell’epoca appare in veste di perito come “addetto ai trasporti ed al traffico”.

Ma i Calcinai venivano da Livorno? Venivano dalla stessa città di Gianmarco Lucchesi e Federico Mori?

Beh, sembra proprio di si.

Il nonno del nostro Umberto Primo era nato a Livorno nel 1835 ed è stato Presidente ed uno dei fondatori del Club Garibaldi a Wellington, fulcro della vita comunitaria degli emigranti italiani.

Tutto iniziò negli anni ‘60 del 1800, quando l’allora ministro neozelandese per l’immigrazione stanziò fondi cospicui per offrire gratuitamente il passaggio marittimo verso la Nuova Zelanda a emigranti dai porti europei.

Cercavano gente disposta a colonizzare nuove aree oltre a manodopera per la costruzione di strade e ferrovie.

In Italia fu scelta Livorno come base per la presenza di un agente neozelandese che avrebbe dovuto reclutare manodopera essenzialmente toscana e di estrazione contadina.

Alla fine, partirono in poco più di trecento, varie coppie dell’area livornese oltre a contadini dalle campagne pistoiesi e fiorentine.

Tra di loro anche un Lucchesi, omonimo del nostro odierno Gianmarco.

Di nome quel Lucchesi si chiamava Fortunato ma di fatto non lo fu davvero.

In Nuova Zelanda lui e gli altri trovarono un ambiente più duro di quello che avevano lasciato e qualcuno fu preso anche dalla febbre dell’oro, appena scoperto nella West Coast.

Un contadino proveniente dalle campagne fiorentine scriveva a casa “Si vive molto male. Non c’è quasi più niente nello spaccio del governo ed abbiamo avuto molta pioggia. Caro Ferdinando, l’inizio è molto duro in questa terra tutta cespugli!”.

Molti avrebbero voluto tornare a casa tanto che il loro malessere giunse alle orecchie dei livornesi. L’agente neozelandese a Livorno scriveva al proprio superiore “Ho sentito dire che a Livorno i lavoratori dell’Arsenale passano ogni domenica due o tre ore a costruire una imbarcazione da mandare in Nuova Zelanda per riportare a casa tutti i loro compatrioti poveri”.

I Calcinai evidentemente resistettero e ce la fecero. Arrivarono a Wellington, comprarono casa, fecero figli, si integrarono nella comunità.

Umberto Primo iniziò a giocare a rugby come aveva già fatto anche suo fratello maggiore Duilio Ruggero Dandolo, che rappresentò la provincia di Wellington in tre incontri nel 1908 e come farà poi negli anni Quaranta del secolo scorso uno dei figli di Umberto Primo, Victor “Vic”. Come faranno anche i suoi nipoti, ricoprendo vari ruoli nel Poneke, dentro e fuori dal campo.

Questa è la storia un po' approssimativa dei Calcinai e del loro forte legame con il rugby e con il Poneke Football Club.

Questa è la storia di quell’All Blacks dalle origini toscane che non segnò neppure una meta per la squadra dei “Tutti Neri” ma che, unico tra tutti, portava il nome di un re.

Marco Burchi
© Riproduzione riservata


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