Attualità lunedì 11 settembre 2023 ore 10:47
Scoperte tracce fossili dei primi pesci abissali
L'importante scoperta, avvenuta in 3 siti paleontologici nei dintorni di Livorno Piacenza e Modena, retrodata la loro comparsa al tempo dei dinosauri
PISA — I pesci abissali esistevano già al tempo dei dinosauri. La scoperta si deve a un team internazionale, del quale fa parte anche l'università di Pisa, che ha trovato a Livorno e sull’Appennino tracce fossili di questi vertebrati risalenti al periodo cretaceo, le più antiche di sempre.
Tant'è che la scoperta retrodata la loro comparsa di ben 80 milioni di anni. Nel gruppo di ricerca guidato dal paleontologo italiano Andrea Baucon, fa parte il professore Luca Pandolfi del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa. "Quando abbiamo trovato questi strani fossili in tre siti paleontologici nei dintorni di Piacenza, Modena e Livorno (che dal punto di vista geologico fa parte dell’Appennino Settentrionale), non potevamo credere ai nostri occhi", racconta il professor Pandolfi.
A stupire gli scienziati non è stata però solo l'età di questi reperti, ma anche la loro rarità: non ossa ma vere e proprie tracce lasciate da animali scomparsi milioni di anni fa, come l’impronta della coda di un pesce che nuotava vicino al fondale o le escavazioni prodotte da esemplari in cerca di cibo. "Per capire il comportamento di questi primi vertebrati abissali - spiega l'università di Pisa- i ricercatori hanno quindi esplorato le profondità dell'Oceano Pacifico per studiare le chimere, o gli squali fantasma. Le tracce fossili sono risultate identiche a quelle prodotte dai pesci moderni che si nutrono grattando o aspirando i sedimenti, in particolare i Neoteleostei, il gruppo di vertebrati che include i moderni ‘pesci-lucertola’ (Bathysaurus).
Il ritrovamento, spiega ancora l'ateneo "Racconta come migliaia di metri sotto la superficie dell'Oceano Ligure-Piemontese, i primi pesci abissali affrontassero condizioni ambientali estreme. Oscurità totale, temperature prossime allo zero e pressioni colossali mettevano alla prova la sopravvivenza di questi pionieri. Come se non bastasse, correnti torbide spazzavano le vaste pianure fangose pattugliate dai pesci in cerca di cibo. Queste condizioni estreme hanno richiesto adattamenti specifici, innovazioni evolutive altrettanto significative di zampe e ali che hanno permesso la colonizzazione della terra e dell'aria".
"Le tracce fossili appena scoperte sono paragonabili alle impronte degli astronauti sulla Luna - dice Baucon - sono reperti che riscrivono il ‘come’ ed il ‘quando’ della colonizzazione degli abissi da parte dei vertebrati, un evento ancora poco compreso dalla scienza, dato che si tratta di ambienti che spesso precludono la fossilizzazione".
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Pnas - Proceedings of the National Academy of Sciences, è stato finanziato dalla Fondazione per la Scienza e la Tecnologia attraverso fondi nazionali ed ha beneficiato della collaborazione di istituzioni scientifiche di Italia (Università di Genova, Modena e Reggio Emilia, Padova, Pisa, Parma; Museo di Storia Naturale di Piacenza; Museo di Scienze Naturali dell'Alto Adige), Portogallo (Geoparco Unesco Naturtejo; Università di Lisbona), Inghilterra (Università di Newcastle), Spagna (Università di Siviglia e Barcellona), Australia (Università dell'Australia Occidentale), Scozia (Università di Aberdeen).
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