Attualità martedì 16 maggio 2017 ore 08:51
Tanti livornesi al centro di accoglienza

I dati dell'anno appena trascorso per il centro Sefa di Livorno fotografano una realtà difficile soprattutto per tanti uomini
LIVORNO — E’ stata presentata dall’assessore al sociale Ina Dhimgjini la relazione consuntiva di tutta l’attività svolta dal Centro di Accoglienza SEFA nell’anno appena trascorso. La ricerca, redatta da coop Il Simbolo, Humanitas e la Pubblica Assistenza (gestori del servizio), oltre i numeri, illustra anche le tipologie di disagio sociale delle persone che hanno richiesto ospitalità al centro di prima assistenza, nonché i tempi e modi della loro permanenza.
Su 464 presenze totali, il 77% sono stati uomini, il 23% donne, il 64% italiani e il 36% stranieri. Invece le persone che sono complessivamente entrate in contatto col centro sono state 952, anche qui a grande maggioranza uomini (761 contro 191 donne) e circa al 70% cittadini italiani. I livornesi sono stati il 36% di tutte le presenze italiane, l’1,5% dal resto della Provincia e il 26% dal resto della Regione.
Questi i dati relativi al centro di via Terreni, ma il servizio comprende anche i 2 appartamenti di via del Cedro, “casa uomini” e “casa donne” da 16 posti ciascuno. Il report, con un focus sui primi mesi dell’anno, individua varie tipologie di disagio a cui appartengono gli ospiti delle 2 case. In maggioranza si tratta di casi sanitari (cardiopatie), a seguire abuso di alcol, violenza, ludopatie, tossicodipendenze e psichiatria. Nelle case gli uomini rimangono alloggiati in media per 4 anni, le donne invece 3.
“I due dati significativi – commenta l’assessore al sociale Ina Dhimgjini - che saltano subito agli occhi è che abbiamo potuto soddisfare soltanto un terzo delle richieste pervenute e che i maggiori fruitori del servizio sono uomini italiani, anzi livornesi, di mezza età e che rappresentano il doppio degli stranieri. Sono invece circa un quarto del totale le ospiti donne e tra queste invece sono più numerose le straniere. La forte crisi economica che il nostro territorio sta vivendo ha certamente contribuito al picco di richieste e ci conferma che gli immigrati non sono l’unica categoria a rischio povertà. Ma le strutture di via Terreni e via Del Cedro, oltre ai veri e propri “senza dimora”, accolgono anche alcune persone variamente disagiate che provengono dalle dimissioni ospedaliere protette o dai servizi sociali”.
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