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giovedì 07 novembre 2024

SORRIDENDO — il Blog di Nicola Belcari

Nicola Belcari

Ex prof. di Lettere e di Storia dell’arte, ex bibliotecario; ex giovane, ex sano come un pesce; dilettante di pittura e composizione artistica, giocatore di dama, con la passione per gli scacchi; amante della parola scritta

La bellezza

di Nicola Belcari - sabato 23 gennaio 2021 ore 07:30

La parola - bellezza - sempre più diffusa nell'uso e banalizzata si percepisce perciò talvolta con fastidio. Se la bellezza è troppo spesso profanata: paesaggi deturpati, aggressioni all’ambiente, incuria che rovina opere d’arte, e via dicendo… la “profanazione” si può intendere anche in un senso ulteriore e diverso da quelli. La bellezza è oggi “svilita” come parola. Mai una parola è stata tanto abusata e, anche peggio, talora impiegata per scopi ignobili. Così quel termine si contamina di associazioni sgradevoli o è immiserito da luoghi comuni.

Quante volte sentiamo pronunciare l’aforisma “la Bellezza salverà il mondo”? Spesso a citare il detto è chi non ha un’idea di che cosa stia parlando. Sono due concetti messi in relazione e se il primo, la bellezza, può apparire comprensibile, il senso della Salvezza e il modo in cui dovrebbe verificarsi non sono evidenti. Il politicante intende la salvezza in termini economici? Crede forse che sia il denaro del costo del biglietto del museo a rifondare le finanze dello Stato? 

Si può pensare che Dostoevskij, tra le altre cose, semmai volesse dire proprio il contrario (per un esempio valga il discorso di Spepàn Trofímoviĉ, nel romanzo “I demoni”) e la Bellezza fosse anche il simbolo di ciò che non ha un’utilità pratica e, oggi si potrebbe aggiungere, di ciò che va contro la civiltà del denaro.La Bellezza non è a buon mercato e s’incontra con la sofferenza. Non può essere solo esterna all’uomo. Deve essere nell’animo di chi la coglie, come sostengono pensatori tra loro anche “distanti” (sant’Agostino, Hume). Ed è un motivo di quella salvezza. Perché l’uomo degno e capace di comprensione della bellezza sarà quello in grado di salvare l’umanità e il mondo.

Non dobbiamo credere che la Bellezza si riveli a tutti, che sia uguale e visibile per tutti. L’uomo malvagio, peggiore mille volte delle bestie, autore di atrocità e nefandezze, non può conoscerla.Essa si mostra muta, il suo non è un linguaggio umano fatto di parole. Solo la poesia si serve delle parole per una “creazione” che va oltre, che le supera, che non si ferma a tale materia e strumento. È uno specchio. Solo la profondità, la sensibilità, l’amore di un animo può coglierla fuori di sé, dove si riflette.

Oggi è invalso l’uso dell’espressione - Grande Bellezza - come se la bellezza non fosse già un assoluto. L’accoppiata di parole, “fortunata”, divenuta di moda, sancisce il successo di un film e del suo titolo. È ripresa da programmi televisivi per presentare la grandiosità dei monumenti della Roma barocca e imperiale che miravano a tale fine e sfarzo. Sono opere di straordinario impatto e fascino che rischiano di divenire immagini da cartolina, trasformate appunto in immagini, rese suggestive dalle luci particolari e dalle angolazioni di ripresa e dal montaggio. Un tipo di bellezza tuttavia che non deve essere percepito come “grande” a scapito di altre forme.È come se la perdita di un’aura di sacralità e di grandezza richiedesse la necessità (inconscia?) di ristabilirne la condizione con l’aggettivo del caso.

La parola bellezza, logorata dall’uso e “profanata” in bocca del ministro (che dovrebbe spiegare il maltrattamento della storia dell’arte nella scuola anziché impartire retorici proclami), del filisteo, del personaggio (a vario titolo) della tivvù, è riferita di solito all’arte così trattata come una baldracca, coperta di trucco, finta e apparente, che va con tutti, pronta a essere venduta. E comunque paradossalmente sempre svenduta. Molti poi di addetti ai lavori che si occupano per mestiere di arte (mercanti, critici, compratori) se ne servono appunto come di una prostituta di cui sono prosseneti.

La bellezza nella persona umana è un dono, c’è qualcosa di tremendo, è il volto del Bene (Buono e Bello stavano insieme per la Grecia classica); nel volto un velo di tristezza, l'espressione di un sentimento la perfeziona; essa si esalta quando è timida con altre virtù necessarie e riconosciute come tali. Il corpo nudo inoltre è un tema dell’arte e anche il volto e la figura umana possono rappresentare la bellezza, ma nella fisicità dell’individuo reale il desiderio che suscita non è separabile nella percezione del bello; l’appetibilità sessuale, la sensualità, lo stesso amore che si può portare a una persona in carne e ossa, confondono l’identificazione di quella qualità che non può perciò dichiararsi né oggettiva, né spassionata. Anche nell’arte che ha la caratteristica di essere “disinteressata”, priva di una motivazione pratica, e dove perciò le condizioni di riconoscibilità del Bello dovrebbero essere facilitate, l'operazione non è così semplice, poiché esso non ha più quella centralità nella creazione e ricerca estetica.

Per essere sicuri che non ci siano interferenze, travisamenti, bisogni e si cerca la Bellezza si possono allora guardare con un intento nuovo, non distratto o scontato, le meraviglie della natura: una foglia, un fiore, una pietra e questi umili cose appariranno nella loro perfezione e armonia di un’irraggiungibile bellezza. Si può immergersi in un orto, nei campi sotto il cielo della campagna con la contemplazione della purezza delle forme. Nessun artista può superare la Natura di cui siamo figli immemori e ingrati.

Nicola Belcari

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