Strada in salita per la May tra Londra e Bruxelles
di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - lunedì 18 febbraio 2019 ore 11:05
Ore difficili al numero 10 di Downing Street per l'inquilina Theresa May. La premier britannica è stata infatti sconfitta alla Camera dei Comuni nel voto, sulla mozione del governo, sulla sua strategia di negoziato per la Brexit. Un voto, pur non vincolante, ma la cui batosta (303 voti a 258) indica l’ennesima sconfitta politica. Era rientrata dal vertice di Bruxelles con le valigie vuote e dopo aver rigettato la mano tesa da Jeremy Corbyn, per una gestione condivisa, ha sperato nello scorrere lento del tempo. Ora la premier britannica è ancor più in difficoltà con Bruxelles, con cui deve ridiscutere l'accordo di divorzio dall’Europa. Ha promesso che il confine con i “cugini” irlandesi resterà invisibile, soprattutto per evitare il riacutizzarsi del conflitto. Carta con cui spera di “persuadere” Juncker e l’Ue ad un'apertura che non pare agibile. Le frizioni interne al suo partito sono ad un punto critico, sul bordo di una storica spaccatura, mentre anche tra le fila dei laburisti si intravede una diaspora irrefrenabile nel nome del ritorno alle urne per un secondo referendum. Inoltre, l'incertezza dello scenario postBrexit è, in gran parte, responsabile del calo di crescita del Paese. I prezzi del mattone hanno avuto una battuta d'arresto e il timore è che nel corso dell'anno potrebbero entrare in una fase decrescente, portando la soglia dei costi delle case a perdere anche il 5% di valore.
C'è però anche un’altra pagina della Brexit, quella che guarda alle potenziali ricadute del divorzio tra Londra e Bruxelles per le fragili economie di stati con indice di povertà diffusa. Secondo alcune simulazioni c'è il rischio che il divorzio comporti un aumento delle condizioni di estrema povertà per circa 2milioni di persone. La Cambogia con il 7,7% di esportazioni verso il Regno Unito risulterebbe il più colpito. Con un calo del PIL che potrebbe sfiorare l'1,4% in meno. Quadro a tinte scure anche per l'Etiopia, con la prospettiva di un aumento del grado di povertà stimato in +1,12. Nel caso dell'ex colonia italiana gli effetti della Brexit andrebbero a condizionare i prezzi dei generi alimentari. Contraccolpi negativi in generale su tutti gli stati aderenti alle tariffe commerciali EBA, che includono i 49 paesi classificati dalle Nazioni Unite come più bisognosi.
Alla fine la realtà per i paesi meno sviluppati del mondo potrebbe essere peggiore degli studi di settore. Infatti, è proprio il conservatore Boris Johnson, politico britannico con tante affinità a Trump, a sostenere il taglio del bilancio per gli aiuti internazionali, budget da circa 14miliardi di sterline. Sconfessando la May e il governo che si era posto l'obiettivo dello 0,7% del PIL da investire in aiuti.
L'impatto globale dello scollamento della Gran Bretagna dal Vecchio Continente è un labirinto d'incognite, tra tante incertezze non è da escludere che la contrazione degli aiuti internazionali induca nuove ondate migratorie. Intanto, i primi a scappare sono le grandi multinazionali che, in fretta e furia, abbandonano l'isola al suo triste destino.
Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi