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PENSIERI DELLA DOMENICA — il Blog di Libero Venturi

Libero Venturi

Libero Venturi è un pensionato del pubblico impiego, con trascorsi istituzionali, che non ha trovato niente di meglio che mettersi a scrivere anche lui, infoltendo la fitta schiera degli scrittori -o sedicenti tali- a scapito di quella, sparuta, dei lettori. Toscano, valderopiteco e pontederese, cerca in qualche modo, anche se inutilmente, di ingannare il cazzo di tempo che sembra non passare mai, ma alla fine manca, nonché la vita, gli altri e, in fondo, anche se stesso.

DIZIONARIO MINIMO: Algoritmo

di Libero Venturi - domenica 03 dicembre 2017 ore 08:00

Algoritmo

La vita è a caso. È regolata da un algoritmo misterioso e casuale, forse come quello che ordina, in un apparente disordine, il magazzino per le consegne di Amazon. Una disposizione random che alla fine, in qualche modo, torna. Random è un modo più colto e poliglotta per dire “a caso” che non fa trend o, peggio, “a cazzo” che fa volgare; d’altronde oggi se non sai le lingue non vai da nessuna parte. Sembra che l’algoritmo di Amazon sia segreto come la formula della Coca Cola che ormai imitano tutti, perfino i perfidi svedesi che vendono all’Ikea una bevanda simile, come bibita delle feste invernali. Si chiama “Vintersaga” sa di luppolo e di malto e non è nemmeno perfida purché bevuta fredda, ma non è la Coca Cola. Cioè nei magazzini di Amazon, mi pare di aver capito, non mettono i prodotti ordinati negli scaffali per tipo o per genere, in maniera omogenea. Niente affatto. Seguendo una disposizione sparsa, forse dettata non da un ordine dato, ma dalle ordinazioni dei clienti, li immagazzinano secondo una catalogazione flessibile per lavoratori altrettanti flessibili, nonché sfruttabili. O forse, più semplicemente, a cazzo di cane. Chissà. Fatto sta che, merito dell’algoritmo o no, la roba ti arriva anche in un sol giorno da quando l’hai ordinata.

Algoritmo, che parola evocativa e potente! Ma di cosa si tratta? In matematica e informatica, il termine algoritmo indica un procedimento che risolve un determinato problema. E fin qui saremmo tutti buoni. Anche se sembra un ragionamento alquanto apodittico e un tantino tautologico agli ignorantoni come me, atterriti dalla matematica e dalle altre scienze esatte: un procedimento, cioè un problema per noi, che risolve un problema e quindi se stesso. Ma, attenzione: un algoritmo è un procedimento che risolve un determinato problema attraverso un numero finito di passi elementari. E allora è tutto chiaro! Il termine algoritmo deriva dalla trascrizione latina del nome abbreviato del grande matematico persiano al-Khwarizmi che è considerato uno dei primi autori ad aver fatto riferimento a questo concetto. Si chiamava Abū Jaʿfar Muḥammad ibn Mūsā, visse nel IX secolo e forse utilizzò un algoritmo per elaborare un abbreviativo più accettabile del nome intero. Scherzi a parte, il nome per esteso era Abū Jaʿfar Muḥammad ibn Mūsā al-Khwarizmi, chiamato più semplicemente al-Khwarizmi perché nativodella regione centroasiatica del Khwārezm, in persiano Khwārazm, l'antica Corasmia di cui, onestamente, ignoravamo l’esistenza ed eravamo sopravvissuti. Nell’ignoranza, ovviamente, che questa battuta non assolve, semmai aggrava.

Ad al-Khwarizmi si deve anche la diffusione dell’algebra: dall’arabo al-jabr, completamento. La dominazione arabo-islamica mise insieme la matematica orientale indiana e quella occidentale, greco-ellenistica. E pensare che in molti luoghi dove ieri c’erano scienza, progresso e civile convivenza oggi ci sono oscurantismo, guerre e un casino dell’80, per dirla in termini matematici decimali. Ciò che oggi è possibile grazie all’invenzione dello “sifr”: da Fibonacci in poi, per assonanza, zephirum, zefiro, zevero, zero. Sifr, che in arabo significa “vuoto”, oltre che allo zero, dette origine, sempre per assonanza, a “cifra” che non è esattamente il vuoto o lo zero, essendo una cifra. Avere e non avere non sono mai andati troppo d’accordo. È buffo sapere che hanno la stessa origine. E dei contrasti con l’essere, poi, meglio non parlarne. Ma non divaghiamo.

L'algoritmo è un concetto fondamentale dell'informatica perché è alla base della nozione teorica di calcolabilità: un problema è calcolabile quando è risolvibile mediante un algoritmo. E, scusate, ma siamo punto e a capo. Insomma l’algoritmo è un sistema cazzuto di calcolo, che fa tornare le cose che altrimenti non tornerebbero e resterebbero un problema come l’algoritmo stesso. Lo stesso che è per la vita, dopotutto. In effetti, dice che una definizione formale e non tecnica del concetto di algoritmo manca tuttora e si è costretti ad accontentarsi dell'idea intuitiva di algoritmo come: "una sequenza ordinata e finita di passi, operazioni o istruzioni elementari che conduce a un ben determinato risultato in un tempo finito". E che il tempo prima o poi finisca è poco, ma sicuro. E spesso finisce indipendentemente da un ben determinato risultato.

La macchina di Turing, il matematico inglese che contribuì a decrittare Il sistema “Enigma” con cui i nazisti comunicavano amabilmente in linguaggio cifrato durante la seconda guerra mondiale, fu il primo elaboratore meccanico e informatico della calcolabilità. Come racconta il bellissimo film romanzato “The Imitation Game”. Alan Turing, omosessuale, fu perseguitato dalle bigotte leggi del tempo che vigevano in Gran Bretagna e non solo. Sottoposto alla castrazione chimica, fu probabilmente indotto al suicidio. Morì per avvelenamento da cianuro di potassio a soli 42 anni, lasciandoci il suo genio e, accanto al letto, una mela morsa, non si sa se avvelenata. Chissà se la Apple ha per simbolo una mela morsicata proprio per questo motivo, piuttosto che per la mela gravitazionale che colpì Newton o per il morso della conoscenza di Eva al famoso frutto proibito o per la copertina di un disco dei Beatles oppure perché Steve Jobs aveva lavorato in una piantagione di mele nell’Oregon ed era stato fruttariano o per svariate altre cose. Al di là della smentita della Apple, a molti di noi piace pensare ad un omaggio a Turing, sia pur inconscio.

Un altro concetto che mi ha sempre fatto impazzire, quanto incuriosito, è la “gaussiana”. Mi sembra di sentire la prof di matematica, perché quella di matematica, chissà perché, nella distribuzione normale degli insegnanti è sempre una prof: Venturi mi parli della curva di Gauss.

Cioè, la curva di Gauss o gaussiana è chiamata così dal nome del matematico tedesco Carl Friederich Gauss (1777-1855) e rientra nella teoria della probabilità. Si dice anche “distribuzione normale”, cioè “una distribuzione di probabilità continua che descrive variabili casuali che tendono a concentrarsi attorno ad un valor medio”. E questo dà un grafico della funzione di “densità di probabilità” che ha una forma a campana e infatti è detta anche “campana di Gauss”, nota pure come “curva degli errori”. Forse perché nella statistica del caso, come nella vita, è più facile sbagliare che prenderci. E per chi suona la campana (di Gauss)? Per tutti: tanto a morto, quanto a distesa. In realtà si chiama curva degli errori per un altro motivo. Gauss, introdusse nello studio del moto dei corpi celesti la “distribuzione normale” che però fu anche usata per descrivere fenomeni molto diversi come i colpi di sfortuna nel gioco d’azzardo o la distribuzione dei tiri attorno ai bersagli. Evidentemente sbagliati se no la dannata gaussiana non si sarebbe chiamata curva degli errori. Suggestivi nella teoria della probabilità i concetti di varianza e di valore atteso: ci potrebbero dare, tra l’altro, la misura della variabilità della sfiga variabile o di quanto si discostino quadraticamente le cazzate dalle pie intenzioni. Una chiave di lettura delle cose nel mondo.

Anche Gauss, che sosteneva che la matematica era la regina delle scienze ed era definito il principe dei matematici, si rifece ad al-Khwarizmi. Infatti il “metodo di eliminazione” di Gauss, spesso abbreviato in MEG, è un algoritmo usato in algebra per determinare il calcolo e le soluzioni di un sistema di equazioni lineari. Ciò attraverso l'applicazione di operazioni elementari dette “mosse di Gauss”. Come in una partita a scacchi. Addirittura una prima applicazione del metodo di eliminazione compare già nel II secolo a. C. all'interno del Jiuzhang Suanshu (Nove capitoli sull’arte matematica), stilato da matematici cinesi durante la dinastia Han. Mai dimenticarsi di fare i conti con la Cina.

E a proposito dello studio del moto dei corpi celesti a cui il nostro Gauss si applicò, la NASA, l’agenzia Natalizia Americana per le attività Spaziali e Aereonautiche, ci conferma che per queste feste è in arrivo l’asteroide di Natale. È stato ribattezzato così, ma in realtà si chiama 3200 Phaethon, in italiano Fetonte, secondo la mitologia figlio di Apollo, e “sfiorerà” la Terra ad una distanza di dieci milioni di chilometri, il 16 dicembre. Ha un diametro di circa cinque chilometri e rientra nella categoria dei PHA: Potentially Hazardous Asteroid. Il meteorite incrocerà anche le orbite di Marte, Venere e Mercurio e passerà accanto al Sole. Ed è stata proprio la futura vicinanza alla stella a spingere gli astronomi a dargli il nome del figlio del dio Sole, Helios, eteronimo di Apollo. Il prossimo avvicinamento al Sole produrrà una coda, una caratteristica che avvicina l’asteroide alle comete. Insomma, una cometa di Natale, come da tradizione. Dopodiché, secondo i calcoli degli scienziati, il prossimo avvicinamento dell’asteroide avverrà il 14 dicembre del 2093 quando la distanza dell’oggetto dal nostro pianeta sarà di ”soli” tre milioni di chilometri. Ma, come dicevano Guccini e i Nomadi, noi non ci saremo.

Comunque, fatti tutti i calcoli algebrici, algoritmi, gaussiane e quantaltro in base alla misurazione della calcolabilità del caso che regola la vita ed il cosmo, anche questo asteroide ci mancherà: ci sfiora, ma non ci coglie. Perché? Perché diversamente dai dinosauri, scomparsi a causa di una meteora caduta sulla Terra, noi umani non abbiamo solo più cervello, come pare. Per ora, ce lo dice la matematica con un algoritmo, abbiamo anche più culo.

Pontedera, 3 Dicembre 2017

Libero Venturi

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