Biden!
di Libero Venturi - domenica 15 novembre 2020 ore 07:30
Elezioni presidenziali americane: ha vinto Joe Biden! Donald Trump ha perso, ma non riconosce il risultato e la sconfitta. “Canapone” non si capacita e denuncia brogli senza tuttavia esibirne prove, venendo perfino oscurato dalle tivvù americane. Esige il riconteggio dei voti, pur essendo la distanza incolmabile e annuncia ricorsi legali per bocca del suo avvocato Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York, che a vederlo non sembra granché lucido: infatti convoca per sbaglio una conferenza stampa in un parcheggio dimesso nei sobborghi di Philadelphia a fianco di un sexy shop e di un forno crematorio. Nemmeno a farlo apposta. Giuliani minaccia tolleranza zero contro i voti postali. Qualche timore anche per “C’è posta per te”, il noto programma di Maria De Filippi.
Insomma, Trump non si arrende a tal punto che si sta indagando se per caso, in quel melting pot che è l’America, l’ex presidente, oltre che origini teutoniche, vanti pure qualche discendenza calcinaiola. Abbia cioè lontani antenati a Calcinaia, il ridente paese toscano in riva destra dell’Arno, famoso per il detto: “calcinaiolo arrenditi! No, vo’ mori’ cane!”. Si scrive Biden e si pronuncia Baiden, si scrive Trump e si pronuncia Tramp che, infatti è proprio un “trampalo”, come si dice dalle nostre parti. Capace Proietti, se fosse ancora vivo, gliel’avrebbe detto: «‘A Trampe, te ne devi anna’! Vedi d’annattene, nun ce fa’ ride...». Nel frattempo l’ex Presidente, campione del popolo sovranista, del populismo nazionalista e della scapigliatura con riporto, passa il wekeend nelle sue tenute a giocare a golf, noto sport popolare. Il più diffuso fra i bianchi poveri americani che il miliardario repubblicano incarna e così bene rappresenta. Anche noi, da ragazzi, ci si giocava Forderponte, nell’aristocratico quartiere della Maltagliata o negli ameni e aprichi campi della Curigliana. Celebri i confronti golfistici con gli agonisti Ponsacchini o i Pianigiani cascinesi.
Trump è un tycoon borioso invece Biden dà l’idea di un tipo laborioso, una persona semplice, quasi uno di noi. Assomiglia tanto ad un vecchio e bravo dirigente del Comune di Pontedera che in gioventù aveva giocato stopper nel Pisa: Giancarlo Virgili, geometra, marinese, scomparso due anni fa. Ma forse è proprio lui, la trasmigrazione delle anime esiste e hanno ragione i buddisti oppure i fisici quantistici, teorizzatori degli universi paralleli. Grande Giancarlo!
Scherzi a parte, arranca la democrazia piena di guai, ma il populismo non muore mai. People vs. people. La democrazia dovrebbe essere il potere del popolo. Ma il populismo pretende di essere il popolo al potere: una rivoluzione reazionaria anti progressista e antiscientifica che intercetta malesseri e scontenti di ogni classe, in nome della lotta contro il globalismo e il complottismo dei “poteri forti”, della “casta” e dell’establishment insediato anche quando si tratta di gruppi dirigenti democraticamente eletti. La democrazia è sotto attacco. E dato che, come ha detto Kamala Harris, la prima donna vicepresidente USA di colore, la democrazia non è uno stato, ma un atto, se c’è chi questo atto non lo riconosce è un bel casino, a big trouble! Specie nella fase delicata della transizione da una presidenza all’altra. Dove non tutto è scritto e in buona parte è affidato al buon senso, alla tradizione e al rispetto, al riconoscimento del vincitore nel civile passaggio di consegne. Ma Trump non è abituato a tutto questo. Perciò anche se il trumpismo non è morto, pure chi non gioisce per la vittoria di Biden -il quale sarà forse un democrat centrista- tira un respiro di sollievo. Forse lo faranno anche gli stessi repubblicani. La differenza tra i due presidenti, al di là dei toni equidistanti di qualche commentatore politico cerchiobottista, è però davvero profonda. E personalmente sono di quelli che hanno gioito e anche parecchio.
Biden ha enunciato in breve il suo programma che si propone di guarire l’anima lacerata dell’America, di riunire gli Stati Uniti. Ha evocato le forze della decenza e dell’equità, quelle della scienza e della speranza. Le battaglie per la prosperità, la sanità, la giustizia razziale per sradicare il razzismo sistemico presente nel Paese e la battaglia per salvare il Pianeta tenendo sotto controllo il clima. Tutto ciò fa presagire un’America che riconosce di nuovo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che rispetta gli accordi di Parigi sul clima, che confida nella scienza e combatte il Covid prendendolo sul serio, che crede nel multilateralismo e sta con la Nato, l’Europa e non solo. Che la smette con gli arroccamenti, i muri e i dazi imposti da Trump. Un’America aperta e non arroccata, che torna ad essere al centro della scena politica internazionale.
Speriamo. Un tempo si diceva “America, gendarme del mondo” -lo è anche stata con motivazioni più o meno condivisibili- e ci si opponeva a questo. Non soltanto da sinistra, pensiamo ad Enrico Mattei. A sinistra manifestavamo contro la guerra del Vietnam e l’imperialismo USA. Anch’io l’ho fatto, ma non ho mai bruciato la bandiera a stelle e strisce che aveva il suo perché. Oggi in Europa sappiamo che dobbiamo contare sulle nostre forze, ma bisogna ammettere che in questo mondo non certo di un “gendarme”, ma di una “protezione civile” avremmo ancora bisogno. Buona domenica e buona fortuna.
Libero Venturi