Destino
di Libero Venturi - domenica 06 settembre 2020 ore 07:30
Ho lavorato ad una pesa. E ora finalmente so cos’è il destino. Pensavo al caso, al fato. Il fato che, secondo il mito, governava la successione degli eventi, amministrando fortuna e sfiga ed era superiore perfino agli dei dell’Olimpo. Ma con il destino non c’entra il fato, non c’entra il caso. Macché! Niente di tutto questo. Il destino è dove vanno a pesarsi i camion. Si dice infatti “peso a destino”. E i camion -li ho seguiti- vanno a finire in discarica o al depuratore, portano le cose a fine vita, ad essere impastate nel ciclo continuo dell’inizio e della fine. Io ho lavorato ad una pesa e l’ho imparato. Perché il lavoro è tutto nella vita e nella vita c’è tutto da imparare.
Eppure alla vita non ho mai prestato attenzione. Questa è la mia colpa. Ancora più grave per un egocentrico. Un egocentrico che smarrisce se stesso non è un pentito, né un redento, non diventa un altruista. Resta un egocentrico, senza centro e senza ego. Senza capo né coda, senz’arte né parte. Un egocentrico fuori centro.
I ragazzi chiassosi hanno abbandonato la panchina sotto il terrazzo e riconsegnato la notte al suo silenzio e al suo mistero. Ascolto in cuffia De Gregori “Sempre e per sempre” e “Guarda che non sono io” e mi commuovo fino alle lacrime. Non lo so perché. È sempre stato così. Malinconia, amore, basta poco. Adesso che tutto è quiete, me ne andrò a dormire anch’io. È finito un altro giorno e non sono soddisfatto di me.
Se non sprofondo subito tra le braccia di Morfeo prenderò una pasticca di melatonina. Aiuta a prendere sonno rapidamente. Promette di non lasciare nessuna sonnolenza al risveglio e di non causare dipendenza. Sarebbe il primo farmaco a farlo, il cui bugiardino dice la verità. Tipo la frase che segue è vera. La frase che precede è falsa. O era viceversa? Una dipendenza tanto c’è sempre. Se non è fisica ha a che fare con la bella fanciulla Psiche. È che la vita dopo una certa età -quando va bene e figuriamoci quando va male- è condizionata da medicine sotto forma di bustine o pasticche che devono essere assunte per qualcosa e contro qualcos’altro. E guai a dimenticarsene! Se mi dimentico di sciogliere in un bicchier d’acqua la bustina del magnesio per la memoria ho paura di dimenticarmi chi sono e chi sono i miei cari. Senza le pasticche i disturbi lamentati sembrano aggravarsi, la stanchezza divenire mortale. Si pensa di non arrivare a sera, di non passare la nottata, di non vedere l’alba dell’indomani e il tramonto seguente, di non arrivare alla fine del mese e non solo per i soldi, di non festeggiare Natale e Capodanno, mentre si spera di non morire mai.
Poi quelle panchine davanti casa, dove la notte gruppi di giovinastri e giovinastre si adunavano fino a tardi, facendo le ore piccole e schiamazzando in dispregio alla quiete pubblica, le hanno tolte. Sul primo ho gioito, poi mi è dispiaciuto per gli sguaiati ragazzi della notte e ancor più per gli incolpevoli vecchi e badanti della sera. Togliere delle panchine è sempre una sconfitta sociale sia per chi le toglie, sia per chi le usa con maleducazione e inciviltà.
Comunque non è dormire, è sognare. Un uomo dovrebbe avere i suoi sogni, seguirli e mantenerli tali. Addirittura farli avverare. Una vita senza sonno è faticosa, ma una senza sogni è noiosa. Il diritto di sognare dovrebbe essere sancito per costituzione. Quale costituzione? Quella umana. Che può essere sana e robusta o gracile e sgraziata, ma tutti, di qualsiasi razza o condizione, hanno il sacrosanto diritto di sognare. Poi, quando smettiamo di farlo, se non c’ha preso un coccolone, s’invecchia e si muore perché abbiamo esaurito la nostra costituzione e la nostra scorta di sogni e di destino. Sognare e non temere insuccessi o fallimenti. Se è andata male -perché molto spesso accade e chi è senza insuccesso scagli la prima pietra- non vuol dire solo che abbiamo sbagliato, significa anche e soprattutto che ci abbiamo provato. “Il successo è l’abilità di passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo” è una frase attribuita a Winston Churchill. E anche se è finita su una bustina di zucchero di canna, dove l’ho letta prendendo un caffè, non vuol dire che non sia vera. È vera, eccome, come è vero che lo zucchero di canna non si scioglie e non inzucchera il caffè.
Ho un amico scrittore che gli piace stare in paesi di montagna, immersi nella natura e nel silenzio e lo capisco per questo, io che abito nella città rumorosa e nella parte più rumorosa della città. Tanto che se durante qualche sortita feriale mi trovo a dormire nel silenzio, mi mancano i rumori e non riesco a prendere sonno. Allora chiedo ad Alexa, che porto a dormire con me, di imitare qualche rumore: di tempesta, del bosco, del mare. Capace se le chiedessi di imitare il rumore del traffico o della movida mi addormenterei prima. Incazzato, ma prima.
Il mio amico segue una dieta semplice per dimagrire. Anch’io dovrei, sto mettendo su pancia come non mi era mai capitato e le maniglie dell’amore stanno diventando maniglioni antipanico. Lui ha tolto lo zucchero dalla dieta. Dice che non ci sono in natura animali obesi. Certi gatti lo sono, ma perché li castriamo, li rimpinziamo di crocchette e li costringiamo ad una vita sedentaria, chiusi negli appartamenti. Se no gli animali si regolano e soprattutto non fanno uso di zucchero, di bevande e altre materie zuccherine Lo zucchero è una droga che dà assuefazione e, se non ci procura il diabete, ci rende grassi e infelici.
Poi bisogna aggiungere che facciamo pure uso eccessivo di sale che innalza il pericolo del colesterolo: l’unica cosa che s’innalza in un uomo dopo una certa età. Limitare o abolire anche quello. L’avventurosa storia della via delle spezie per cui si sono combattute guerre e consolidati imperi coloniali, scordarsela. Rinnegarla con tutti i suoi orrori. Ma il salgemma esiste in natura! E le saline marine? Non importa: limitare o abolire sale, pepe. E zucchero, s’era già detto. Va bene il pane sciocco, alla fiorentina. Mica la bistecca, no, proprio il pane, quello rimpianto da Dante in esilio. Firenze non aveva l’accesso al mare e alle saline, perché la Repubblica Pisana, un tempo marinara, glielo impediva e perciò il pane era sciocco. E poi il sale costava, c’era una tassa. E anche quando presero Volterra che aveva miniere di salgemma, ormai c’avevano fatto il palato e continuarono a mangiarlo sciocco, il pane, i fiorentini bucaioli. Chiamati così per antonomasia, per via delle buche che i renaioli, cavatori di rena, facevano nel greto dell’Arno, in quel di Firenze.
Però, gli dico al mio amico, come si fa senza un poco di zucchero nella vita? Sembravo Mary Poppins. Il caffè, presempio? Amaro, mi risponde! No, amaro no! Già è cattivo di suo e lo bevo per digerire perché lo bevono tutti, anche se non mi piace e per farmi digerire ci vorrebbe l’idraulico liquido. Ma senza zucchero! E poi sulle bustine si trovano frasi come quelle di Winston Churchill. O addirittura di Voltaire, senti questa: “La più coraggiosa decisione che prendi ogni giorno è di essere di buon umore”. Sarà vera? Sarà vero? No, guarda, piuttosto rinuncio anche al caffè. Quantunque per una vita di regole e privazioni -sai che buon umore- bastavano già le tasse e la morte. Che anche quelle farebbero dimagrire.
Infine e in principio ci sono le donne. Ci attraggono e ci respingono e noi le attraiamo e le respingiamo. Non le capiamo e loro non capiscono noi. Attraversano le nostre vite e noi le loro, come il destino che ci attende, che ci determina o che determiniamo. Perché la vita è sempre attraversata dal destino -che, secondo come, è un modo educato di dire culo- e forse bisognerebbe essere più fatalisti. InshAllah! Il destino, si è detto, è dove vanno a finire i camion a farsi pesare. Una metafora alquanto indolente: la vita non è sempre un’ampia e comoda camionabile, nel bene e nel male. A volte somiglia più ad un impervio, ma salutare sentiero di montagna o ad una scoscesa e rovinosa discesa. Però il parallelo non è del tutto sbagliato. Alla fine anche noi saremo pesati nell’aldilà o nell’aldiqua, oppure sia di qua che di là e non sappiamo chi dei giudici sarà più equo o severo, quali misure adotterà per stabilire di noi il peso lordo, la tara ed il netto. E chi lo sa se saremo trovati giusti o mancanti. Buona domenica e buona fortuna.
Venturi & Celati
Pontedera, 6 Settembre 2020
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Libero Venturi e Marco Celati, i due indagatori dell’insulso, in genere poco propensi al confronto, come si converrebbe a nature diverse, ma attinenti l’animo umano, si sono profusi in questa rara collaborazione. Un pezzo scritto a quattro mani, come per i gialli dei compianti Fruttero & Lucentini. Solo che qui mancano il movente, l’assassino e il morto. O meglio due assassini ci sono: gli autori. E pure due morti, uno a testa: la narrativa e la buona scrittura.
Libero Venturi