La scrittura & la parola
di Libero Venturi - domenica 13 maggio 2018 ore 09:13
L’altra sera telefona mio zio e mi fa, dottore posso prendere il Fluimucil, ho una tosse che arrabbio? Io non sono il suo dottore, ma solo suo nipote. Mio zio è molto anziano, evidentemente è stato qualcosa nelle diavolerie del cellulare con cui è più facile fare tante cose, compreso sbagliare a chiamare il dottore. La complicazione ulteriore è che mio zio, in virtù dell’età avanzata, è diventato sordo. Non so perché continua a telefonare. Forse per lo stesso motivo per cui, anziano pure io, continuo ad amare, a nuotare e votare a sinistra. O almeno ci provo. Ci sono cose, fatte da giovani, che si crede possibile e giusto, utile e lecito continuare a fare anche in seguito. Coazione a ripetere. Per abitudine, coerenza o passione. Per questo non è stato semplice, né immediato spiegare a mio zio, urlando nel cellulare, che secondo me il Fluimucil lo poteva anche prendere, ma che non ero il suo medico. Alla fine ci siamo intesi e lui mi ha domandato come stavo e i figli e altre cose a cui ho cercato di rispondere, tanto ad alta voce, quanto inutilmente. Si capiva, anzi no. Forse il segreto per conversare, essendo sordi, è continuare a fare domande. E, forse, non solo essendo sordi. Alla fine, salutandomi, mi ha passato la zia, della quale, incautamente, avevo chiesto notizie. E qui viene il bello. Perché mia zia è, se possibile, ancora più sorda di lui. Le ha urlato, vieni, c’è nostro nipote e anche lei mi ha chiesto come stavo e i figli e altre cose che si chiedono al telefono. Come in precedenza, ho risposto più puntualmente e fortemente che potevo, dopodiché la zia mi ha salutato, confessandomi che è un po’ sorda e invitandomi, una di queste sere, a cena da loro. Quando lo zio si rimette, ho gridato, ma aveva già spento. Voglio bene ai miei zii.
Questo siparietto mi ha fatto pensare all’uso e all’utilità della scrittura. La scrittura fa parte delle capacità di cui l’uomo si è dotato nel corso del tempo per comunicare al meglio con i propri simili e, nei momenti migliori, anche con i propri dissimili. La scrittura, presupponendo la scomparsa dell’analfabetismo, non serve solo e presuntuosamente alle lettere e alla letteratura, ma anche e soprattutto alla sordità. I miei zii, stante l’età, giustamente non smanettano con sms, whatsapp o social giovanilisti, tuttavia la nostra conversazione, per scritto, sarebbe risultata assai più soddisfacente.
In principio era la parola. Nella preistoria, senza televisore, corrente elettrica, ai primordi perfino senza fuoco e a volte senza luna e stelle, dovevano essere buie le notti, passate all’addiaccio o, al riparo, nelle caverne. Di giorno gli ominidi, nostri progenitori, quando non cacciavano, disegnavano sulle rocce e ingannavano il tempo, ma di notte non si vedeva un cazzo e si stava lì, annoiati e senza conoscenza. A parte copulare un po’ alla cieca. Così, forse per riconoscerci in quell’oscurità, mettemmo a profitto e raffinammo l’uso di emettere suoni, voci e parole e ci evolvemmo. Andava bene anche per i ciechi, almeno di notte, di giorno purtroppo per loro era peggio, però un po’ ciechi eravamo tutti in quella lontana notte dei tempi. Ma per i sordi no. I sordi erano in gran difficoltà di notte e anche se di giorno per loro migliorava, non era certo piacevole. Così, anche per questo, fu inventata la scrittura con tutto quel che segue. Per i non vedenti fino al Braille non cambiò molto, ma per i sordi e i deboli di udito, sì. Deboli di udito, ma non di cuore. Ho un amico, sordo e scrittore. E, guarda caso, ci sente male, ma scrive bene.
La cosa però è controversa. Platone nel Fedro racconta che Socrate a sua volta raccontava che Theuth, la mitica divinità egizia, offrì a Thamus, sovrano dell’Egitto, l’invenzione della scrittura. Un’arte, a detta del dio, capace di rendere gli egiziani più sapienti e capaci di ricordare: un farmaco per la memoria e la sapienza. Ma Thamus gli dice che la scoperta della scrittura produrrà, al contrario, dimenticanza perché gli uomini si abitueranno a ricordare mediante segni estranei e non per ciò che sanno da sé. E della sapienza apprenderanno, con la scrittura, apparenza e non verità. Conoscenza senza sapienza, perché, senza insegnamento, crederanno di conoscere cose che in realtà non sapranno. Così sarà difficile confrontarsi perché tutti diverranno portatori di opinioni, invece che sapienti. Ciò che spiegherebbe tante cose del pensiero assoluto e delle baruffe televisive. Insomma un po’ come, usando il calcolatore, non si sa più far di conto o, consultando il computer, assimiliamo informazioni e fake news. Credenze. Nozioni senza cultura. E comunque, nonostante il giudizio negativo sulla scrittura, Platone, il filosofo delle idee, diversamente dal maestro Socrate, utilizzò la forma scritta per trasmettere il suo pensiero.
Vero è che, a volte, nemmeno la scrittura risolve. Un amico scomparso, tempo fa mi raccontava della sua mamma, un po’ sorda e già un po’ troppo anziana. Alla televisione davano un documentario sulle origini del cinema e trasmettevano alcune scene per evidenziare la capacità espressiva dei divi del muto. Nel film l’attrice ha un mancamento e, con accentuata mimica e gestualità, si accascia sul sofà. Subito l’attor giovine le si fa appresso, si china su di lei e nel quadro successivo appare la scritta: “Signora, si sente male?”. E l’anziana signora, madre del mio amico, rivolta allo schermo televisivo: “Macché male, non si sente niente!”.
Un dialogo tra sordi, come a volte in politica, anzi tra muti e sordi. Peggio ancora tra muti, sordi e vecchi. “Amore, gioventù, liete parole, cosa splende su voi e vi dissecca? Resta un odore come merda secca lungo le siepi cariche di sole”. Buona domenica e buona fortuna.
Libero Venturi
Pontedera, 13 Maggio 2018
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Grazie ai miei zii, al filosofo Platone e all’amico Antonio che l’ha richiamato alla mia conoscenza, ahimè, priva di sapienza. Grazie infine al poeta Sandro Penna.
Libero Venturi