I soliti noti
di Libero Venturi - domenica 07 marzo 2021 ore 07:30
La trasmissione diretta da Amadeus, che ogni sera accompagna la digestione delle nostre cene -familiari o solitarie che siano- si chiama “I soliti ignoti - Il ritorno”. Perché prima o poi ritornano o si ripropongono: come i peperoni. Tuttavia dovrebbe cambiare nome e chiamarsi “I soliti noti”. Infatti, in questo periodo pandemico, al programma a premi sono invitati a giocare solo ospiti vip che, sulla base di indizi, devono scoprire l’identità degli sconosciuti partecipanti e infine il parente misterioso, guadagnando soldi in monete d’oro da elargire in beneficienza. In ciò consiste il gioco. È discutibile che denaro sia elargito tramite giochi televisivi, ma ormai questo si è ampiamente diffuso nelle reti private e pure in quelle publiche, dove pubblico sarebbe anche il denaro.
Confesso comunque che, pur essendo un criticone, guardo anch’io i programmi nazional popolari -più che altro ci dormo- Festival di Sanremo compreso, che in questi giorni, stante la concomitanza, ha sospeso il programma a premi. Sempre di Amadeus -e consorte- comunque si tratta. Dice chi è senza peccato scagli la prima pietra. Io non ne scaglio perché sono un peccatore teledipendente e perché le pietre fanno male: garantisco avendo fatto a sassate insieme ai ragazzi del Villaggio Piaggio contro quelli del Villaggio degli Ignudi che avevano una mira del diavolo. E poi si aspira al meglio, ma ci si riconosce nel peggio, l’ho letto da qualche parte. In questi tempi virali, i vip che partecipano al programma sono chiamati a giocare e devolvere l’eventuale vincita in beneficienza ad istituti che si occupano della pandemia. Viene da chiedersi perché il bene che si vuol fare debba essere assoggettato all’incertezza di una vincita, ma è lo spettacolo, bellezza, e non puoi farci niente! Io comunque a questo mondo sarei più per la solidarietà che per la beneficenza, ma il mio deve essere un difetto.
Ci sono artisti o personaggi noti che hanno vinto cifre importanti e altri che hanno fallito lo scopo. Il problema però non è questo. La mia indignazione scatta fino al parossismo, che mi fa inveire come un ebete contro la televisione, quando vedo che una buona parte di costoro -invitati ad una trasmissione che comunque offre loro ulteriore notorietà e la possibilità di essere munifici benefattori e non a proprie spese- si presentano cascando dal pero. Spesso ci vedono poco, ma per il look stanno rigorosamente senza occhiali. Non conoscono la trasmissione, confondono evidenze, sbagliano tempi e modi. Taluni si dimostrano assai capaci e seri, ma altri si comportano con sufficienza o hanno atteggiamenti sopra le righe, oppure si mostrano disattenti. Soprattutto snob. Sono quasi tutti personaggi televisivi, che dal piccolo schermo hanno tratto alimento per la propria popolarità e il proprio benessere e pare che la televisione se la filino zero.
Sembra che la tivvù, la sera, la guardiamo solo noi “poveracci”, loro no, hanno di meglio da fare. E può anche darsi e buon per loro. Però se ti chiamano ad una trasmissione per fare beneficienza, il tuo dovere è prepararti, guardarla qualche volta, informarti, sapere come funziona e non fare quelle figure che ci fanno cascare le braccia a noi spettatori paganti il canone d’abbonamento televisivo. Perché -vip o non vip che tu sia- devi fare tutto il possibile affinché possa attuarsi, se c’è, il buon fine, quello benefico, della trasmissione e perché -oltre i proventi della pubblicità che comunque ci viene propinata e ci sorbiamo- siamo sempre noi “poveracci” che paghiamo tutto quel munifico ambaradan. Buona domenica e buona fortuna.
Libero Venturi
Pontedera, 7 marzo 2021
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P.S. “Si aspira al meglio, ma ci si riconosce nel peggio; e tale percezione, se allontana i pochi, attrae i più”, è di Giuseppe Pontiggia, dal romanzo “La grande sera”.
Libero Venturi