Uomini & rettili - La fine del geco
di Marco Celati - giovedì 21 gennaio 2016 ore 07:00
Ho ucciso il geco. Da tempo mi era entrato in casa e si esibiva in fugaci apparizioni: un esemplare adulto, di non piccole dimensioni. Ho provato a catturalo per rilasciarlo fuori con uno strumento costituito da un manico di scopa in cima a cui ho collegato una bottiglia di plastica tagliata a metà. Ma niente da fare, mi era sempre sfuggito. La scorsa notte sono rincasato tardi, dopo un incontro di lavoro e la tarantola è comparsa da dietro le tende. In fuga, ha preso a percorrere trasversalmente le pareti. Di scatto, risalendo le scale, sono riuscito a chiudere la porta di camera: un giorno me n’ero trovata una più piccola sul letto! La convivenza, a cui mi ero adattato, mi è parsa impossibile. In un impeto fobico ho impugnato uno spazzolone e, menando fendenti qua e là, ho fatto fuori una delle due palle di vetro che ornano ai lati il bastone della tenda, rovinato un quadro, rovesciato un vaso, fatto un gran casino per la gioia dei vicini, sicuramente dormienti, ma alla fine ho colpito la povera bestia.
Chissà se presagiscono la fine, se ne hanno consapevolezza o l'avvertono come un'abituale insidia della natura ostile oppure di una bestia più grande. Può darsi che alla fine mettano in conto la loro sopraffazione perché con la coda semi spezzata l'animale si è fermato dietro un labile riparo, una tenda e non è più risalito lungo il muro come avrebbe potuto, quasi in segno di resa. Sicuramente proveranno paura. Ho dato un colpo preciso e il geco è caduto al suolo, riverso, quasi morto. È rimasto così, rovesciato, come ad attendere il colpo di grazia. Che è arrivato e l'esistenza della bestiola si è conclusa.
Ho raccolto il corpo e la coda e li ho buttati dal terrazzo nell'erba. La tarantola morta è tornata alla natura: come noi dopo morti, sarà pasto per vermi.
Ho avvertito la boria del cacciatore e ho provato sollievo per essermene liberato. Ma poi è sopraggiunto il dispiacere, come un senso di rimorso, di schifo del sangue e pietà per il dolore inferto e la morte. Ogni bestia dovrebbe stare nel suo, uomo compreso.
Non riesco nemmeno a immaginare quale deve essere il senso di colpa di coloro che le guerre o gli eventi cruenti costringono ad uccidere altri esseri umani. Eutanasia a parte, togliere la vita è un delitto, un atto insensato di feroce crudeltà.
Marco Celati
Treggiaia, 31 Ottobre 2015
Con questo breve racconto, preceduto da "Il ramarro smeraldino" e "Il geco", si conclude, per il momento e male, una trilogia che potremmo chiamare "Uomini & Rettili". Vi sono contenuti miti classici e paure ancestrali. O più semplicemente i miei ricordi e le mie paure. Forse ci sarà un racconto in appendice alla trilogia, tipo "Uomini & Rettili, The Beginning": è in lavorazione nella mia mente bacata. Per gli animalisti: nessun animale è stato maltrattato in questo racconto che è solo frutto della mia fantasia. E per il proprietario di casa: neanche tende e relativo bastone, né vaso o quadro sono stati maltrattati.
Marco Celati