Primo Maggio
di Marco Celati - sabato 13 maggio 2017 ore 08:00
Primo Maggio, cammino per strada, vado di fretta, rincorro i miei pensieri. In una mano ho una busta con una bottiglia di vino bianco, nell'altra il tablet. È ora di pranzo e sto tornando a casa, quando, inaspettatamente, la Festa del Lavoro mi presenta il conto. Mi viene incontro un ragazzo un po' malmesso, ma nemmeno tanto: ha una borsa in una mano e un involto nell'altra. Mi dice hai qualche moneta, per favore, ho fame, dormo in un sacco a pelo. E alza l'involto per mostramelo. Io giro sempre senza soldi e, di mio, ne ho pochi davvero e poi ho furia, ho le mani occupate e così rispondo sbrigativo, d'istinto e glielo dico, mi dispiace non ho moneta, non ho spiccioli. Lui mi guarda un momento con aria di sconforto, ma si capisce che c'è abituato all'indisponibilità della gente. Così io tiro dritto e anche lui se ne va. Però, subito dopo, mi viene in mente che non è vero: cinque euro di carta li avevo nel portafoglio. Mi giro, ma il ragazzo è già distante.
Avrei potuto tornare indietro, avrei dovuto, ma non l'ho fatto perché mi vergogno dei sentimenti, della bontà, non meno che della cattiveria. Non sappiamo governare, specie in pubblico, il misto di bene e di male di cui siamo composti. E poi non siamo pauperisti, crediamo nelle solidarietà lunghe e si diventa così. Siamo tanto abituati a tirare dritto che ci dà noia, quasi ci insulta soffermarci ad affrontare la miseria ostentata, che sia ad arte o verità. Viene subito da dire o da pensare, per giustificazione o autodifesa, ma vai a lavorare, perché non lo fai come tutti? Perché cerchi di approfittarti della facile, ma sconveniente carità che ci chiedi e che infatti non ti facciamo? Prima di uscire avevo inviato una chat su whatsapp, augurando Buon Primo Maggio a tutti. Qualcuno mi ha risposto: vale anche per chi non ha un lavoro?
Quel ragazzo che mi chiede una moneta per favore, nel gesto di mostrarmi il sacco a pelo in cui dorme, mi è restato dentro e mi fa stare male. E la sola cosa che riesco a fare per alleggerire il peso della mia coscienza è scriverne, come sto facendo. Lo spirito del Primo Maggio mi era apparso sotto la forma di un diseredato e, anche fosse stato sotto mentite spoglie, mi aveva offerto l'occasione di una solidarietà breve, di fare del bene e l'ho sprecata. Non ho saputo riconoscere il mio prossimo. In compenso ho riconosciuto me stesso. Perché, che fosse vera o falsa quella povertà, io sono stato comunque uno stronzo vero. O come tale mi sono comportato. E poco vale che io pensi che almeno me ne sono reso conto e che voi pensiate com'è umano a sentirsi così, che bella storia. È vero, non sarebbe cambiato granché, ma anche un'empatia a scoppio ritardato, è comoda e lascia sempre il tempo che trova.
Pontedera, Primo Maggio 2017
Marco Celati